Questo articolo è stato pubblicato originariamente su StartupItalia!
Mentre la Svezia punta a diventare un paese completamente cashless entro il 2023, in Italia il contante in circolazione continua ad aumentare. A rilevarlo è The European House Ambrosetti, che in un’anticipazione del rapporto 2018 sugli strumenti di pagamento digitale fornisce le cifre del fenomeno.
I dati mostrano un’Italia parecchio indietro rispetto ai paesi sulla stessa curva socio-economica. Dai 127, 9 mld di contante in circolazione del 2008 si è passati ai 197,7 del 2017, con un aumento del 3,8% nel 2017. Una percentuale pari all’11,6% del Pil (superiore al 10,1% di media nell’Eurozona). Molto distante dall’Ungheria, worst performer con il 19,2%, ma altrettanto dalla Svezia, che guida la classifica con l’1,5%.
L’Italia è anche il paese dell’Unione Europea dove il valore dei prelievi da Atm è aumentato maggiormente nel periodo 2008-2016, con un +8,9%. Esplodono, invece, i pagamenti mobile, che arrivano al 3,9% del totale ma incidono pochissimo – solo lo 0,05% – sul totale delle transazioni.
Si spende, però, spende di più rispetto al passato utilizzando la tecnologia: è aumentato il valore totale dei pagamenti con strumenti cashless, per un valore di 177, 8 miliardi di euro, un incremento medio, sempre a partire dal 2008, del 5,4% l’anno.
Ma nel Belpaese le carte di pagamento continuano a essere usate poco: lo dimostra il basso numero di transazioni pro-capite, 43,1 all’anno contro le quasi oltre 300 della Danimarca e Svezia, le quasi 300 del Regno Unito e le quasi 200 della Francia. Media Ue a 116,6, peggio di noi solo Grecia, Romania e Bulgaria. “Non è un problema di infrastrutture, abbiamo anche diverse eccellenze nel settore. Il problema, non neghiamolo, sta nel retail ed è spesso legato al sommerso”, spiega Lorenzo Tavazzi, direttore Area Scenari di The European House – Ambrosetti (leggi l’intervista completa in coda).
Idee per migliorare? Tutti i paesi che crescono di più hanno una visione sulla cashless society, notano da Ambrosetti. Non c’è da stupirsi, a questo punto, che l’Italia sia una delle 35 economie più dipendenti dal contante.