(Questo post è stato pubblicato su Facebook il 5 marzo 2021)
Zingaretti si è dimesso, e a me, pensando alla successione, viene da chiedere: che cos’è la sinistra oggi? È quella degli statali, degli insegnanti, dei dipendenti pubblici? Forse. È quella dei boschi verticali e delle ztl? Può darsi. Oppure è quella delle fabbriche e delle periferie? Non più, dato che nei sobborghi trionfa la Lega. Sicuramente, non è quella delle partite Iva, dei precari. Il partito è pieno di correnti, ma, interagendo qui su Facebook con chi ha la bontà di commentare i miei post, mi rendo conto che la politica capitolina è solo lo specchio della realtà. Che è polverizzata.
A nessuno piace rinunciare al vessillo con cui si è cresciuti, alle bandiere, ad alcuni temi cari – dall’antifascismo ai diritti civili. Ma sull’economia – quella che per molti è la misura della serenità, e che spesso ci fa votare per questo o quello – noi di sinistra la pensiamo tutti in maniera profondamente diversa. Tutelare i privilegi è di destra o di sinistra? E quali sono, questi privilegi, nel duemilaventuno? Avere un lavoro fisso lo è? Le malattie pagate sono un benefit? Una pensione? E ancora: la meritocrazia è di destra o di sinistra? E fare impresa? E aprirsi un’attività autonoma quando non c’è lavoro?
Lo capisco, che a Roma ci sia confusione. Ce n’è anche nella testa di di noi semplici cittadini che crediamo ancora di appartenere a quella famiglia politica, nel momento in cui ci guardiamo attorno e, invece, ci riconosciamo in concetti che, fino a poco tempo fa, pensavamo appartenere ad altri. Non invidio chi verrà dopo Zingaretti. La digestione delle categorie del Novecento è ancora lunga.