La morte di Giovanni Lo Porto, il cooperante americano rapito dal Al – Qaeda e ucciso da un drone americano mi ha scosso. Non e’ la prima vittima italiana, ma la storia di questo ragazzo che, come Vittorio Arrigoni, probabilmente cercava di aiutare gli altri anche per aiutare se stesso, ha scavato un solco dentro di me.
Giovanni veniva da Palermo, quartiere Brancaccio: una zona difficile, come molte del capoluogo siciliano. Sequestrato nel 2012 dai terroristi, di lui si erano perse le tracce un anno dopo. La famiglia continuava a sperare, finche’ nei giorni scorsi una telefonata da Roma ha gettato la madre nella disperazione: signora, suo figlio e’ morto. “Come, quando?” sembra di sentirla. “E’ morto a gennaio nel corso di un bombardamento americano, ma il governo statunitense ce l’ha comunicato solo adesso, al termine di una serie di verifiche”. L’obiettivo erano i terroristi: in quella casa, secondo le informazioni dei servizi segreti, dovevano esserci solo loro. E invece c’erano anche Giuseppe e un anziano, anche lui ostaggio, ma con passaporto a stelle e strisce.
Il presidente Barack Obama si e’ assunto personalmente la responsabilita’ dell’errore: come ha rivelato il New York Times, pero’, probabilmente conosceva la verita’ gia’ la scorsa settimana, quando ha parlato con il premier Matteo Renzi senza accennare all’accaduto.
Tra gennaio e aprile ci sono tre mesi. Il ritardo con cui e’ stata data la comunicazione mostra quanto poco conti l’Italia a livello internazionale: un po’ come l’amico sfigato al liceo, quello che ci si trascina dietro ma che non si caga di striscio.
Ma offre anche lo spunto per una riflessione sulla potenza della comunicazione e le strategie di distrazione di massa cui siamo esposti.
Perche’ la rivelazione americana e’ arrivata solo ora?
A mio parere – ma ovviamente si tratta di una congettura indimostrabile – una ragione c’e’.
Raccontare la verita’ prima – una verita’ scomoda – avrebbe esposto l’amministrazione Usa su due fronti, quello interno e quello internazionale.
Posto che la perdita di un civile Usa e’ un tema che terra’ inevitabilmente banco in patria, rivelare la morte dell’italiano due giorni prima del settantesimo anniversario dalla Liberazione e’ servito a stemperare nei festeggiamenti la vecchia critica agli Usa e ai loro raid con i droni. Ricordiamolo – la Seconda Guerra Mondiale e’ finita grazie all’intervento americano. Il dolore resta a Brancaccio, mentre per le strade del Belpaese si festeggia la fine della guerra.
Realpolitik. I consiglieri di Obama devono aver suggerito al presidente statunitense di temporeggiare qualche giorno per limitare i danni, almeno quelli di immagine. Poi, la riconoscenza nei confronti di chi ha liberato il mondo dal nazifascismo si sarebbe sommata all’oblio. E di Giovanni si sarebbe parlato solo per poco piu’ di 48 ore.
Questo e’ un blog sulla comunicazione, e mi sembra che nella storia di Lo Porto, sotto questo profilo, niente sia stato lasciato al caso. Se la stessa accuratezza fosse stata impiegata dallo Stato maggiore USA nel pianificare il raid, forse avremmo due vittime innocenti in meno.