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Dieci consigli per stare con un giornalista

Dato che recentemente “qualcuno”  mi ha invitato a leggere il decalogo per stare con una ragazza viaggiatrice, faccio uno strappo alla regola di serietà di questo blog e pubblico i dieci consigli per stare con un giornalista. Pan per focaccia.

  1. Il tempo. Se ami un giornalista, devi sapere che il tempo per lui è un’ossessione. Ne ha troppo quando non serve, e troppo poco quando ne ha bisogno. Se dopo tre ore a leggiucchiare giornali gli viene un’idea e deve ribaltare il mondo con mail, telefonate, ricerche per un pezzo che, nella sua mente, sarà sempre quello della vita, non è colpa sua. E’ che lo vogliono cosi.
  2. Strettamente correlato al punto 1. Il tempo da soli. La mente di un giornalista viaggia alla velocità della luce: prova tu a trovare qualcosa di non banale da dire su ogni cosa che vedi accadere nel mondo, un punto di vista interessante, un ragionamento che metta in luce un aspetto nascosto. Si sa, siamo un popolo di commissari tecnici quando gioca la Nazionale, e alla bisogna sappiamo reiventarci economisti, cuochi, medici, avvocati. Il giornalista cerca di farlo meglio degli altri. Per questo lavora in un giornale. Se sapesse realmente cucinare, pensi che si chiuderebbe in redazione? Il sonno riposa il fisico, il  tempo da soli è fondamentale per la mente: ossigeno per il cervello, uno spazio in cui ricaricare le pile in un mondo pieno di informazioni e banalità. Nulla gli piace di più che avere una stanza in cui scrivere a notte fonda per i fatti suoi, magari con la tv accesa in sottofondo sul canale sportivo. Il suo sogno? Uno studio alla Obama (vedi foto).
  3. Tutta quella carta che hai buttato nella differenziata l’altra sera non sono “solo giornali”. Ammettiamolo subito: vale per chi la carta l’ha conosciuta. Ma se sei sopra i trenta e fai questo mestiere, quando accade qualcosa pensi per prima cosa al titolo del Corriere in edicola domani. E magari a quello di Repubblica. E a quello della Stampa. E a quello del New York Times…
  4. Fagli credere che le cose che dice siano interessanti. Beh si, questo vale per tutti gli uomini. Vuoi mandarlo in crisi? Se ti chiede cosa ne pensi rispondigli “cosa”? Dopo mezzora di monologo, potrebbe uscirne devastato.
  5. Il telefonino alla mattina. Lo sappiamo, la gente usa Facebook, Twitter, Instagram, Skype per chattare, frugare nella vita degli altri, perdere tempo. Il giornalista anche. La differenza è che, per lui, da quell’aggeggio infernale escono n-o-t-i-z-i-e. Ogni sussulto, ogni luce proveniente da lì è una potenziale miccia, un articolo, un’idea.  Se la prima cosa che fa quando si alza è guardare il telefonino, buttaglielo dalla finestra. Ma se lo fa a colazione, adesso sai perché. E magari cerca di essere comprensiva.
  6. La vita. Quella vera. Il giornalista vuole stare in mezzo alla Storia e raccontarla. Peccato che la Storia, quella con la S maiuscola, non avvisi, e spesso ci si debba accontentare dei surrogati. Non si può correre sempre da una parte all’altra del mondo, ma l’alternanza tra redazione e vita vissuta è il fascino di questo mestiere. Uno senza l’altro non ha senso. Il giornalista vero e’ un teorico con attitudine per la pratica. Chi sta troppo in redazione dovrebbe fare lo scrittore, o lo studioso; chi ci sta troppo poco, al contrario, spesso dimentica l’italiano. Restare in equilibrio tra questi due estremi dà come risultato  un pezzo ben scritto. E fidati, la differenza si sente.
  7. Il giornalista è un pignolo. Gli piace puntualizzare. Non è colpa sua, è che lo tirano su cosi. “Controlla, controlla, controlla”.”Riscrivilo!” “Ma che …zo hai scritto??” sono le tipiche frasi che chi è alle prime armi si sente ripetere all’infinito. Qualcosa, auspicabilmente, gli è rimasto.
  8. Lui ti ama, ma non sarà mai un buon fidanzato. Insomma, con una normale proprio non ci può stare, e ti conviene saperlo. Sarà  sempre preso da una notizia di cui a te non interessa nulla, si fermerà sempre se vede un incidente, se in metropolitana incontra un tizio vestito da Iron Man è quello che lo ferma e gli chiede il perché, mentre gli altri ascoltano la risposta. Sarà  per questo che spesso finiscono da soli.  Non ti chiama, ma se non ti fai sentire, inizia a fibrillare. E’ un bambino, in poche parole. Su questo, non posso che darti ragione.
  9. Nelle discussione preferisce i messaggi, whatsapp e le mail alle chiacchierate. E’ il suo habitat. A dire le cose a voce proprio non ci riesce. Se non altro, si spera, dovrebbe riflettere meglio su quello che dice. Dovrebbe.
  10. Si prende sempre, maledettamente, sul serio. E non aggiungo altro.
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3 risposte a "Dieci consigli per stare con un giornalista"

  1. Pingback: Dieci consigli per stare con un giornalista — Journalism, media and points of view – Renato Augelli

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