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Twitter, ovvero come cambiare il mondo e non fare soldi

Erano due grandi scommesse: una è stata vinta, l’altra no. Entrambi hanno cambiato il mondo e il modo in cui lo intendiamo, ma uno fa soldi, l’altro li perde (fino ad ora). Parliamo, naturalmente, di Facebook e Twitter. Mentre Zuckerberg continua a macinare utili, trainato dalla crescita della pubblicità online e della base di utenti, la piattaforma d Jack Dorsey non decolla dal punto di vista economico.  Nei giorni scorsi la società  pare aver invertito la rotta: il fondatore ha presentato i ricavi del quarto trimestre 2017, che vedono un utile di 91 milioni di dollari. Tanto è bastato a far volare il titolo, che ha toccato in borsa il valore di 30 dollari per azione per la prima volta dal 2015: allora, però, le aspettative erano diverse.

Per arrivare a questo risultato,  è stata necessaria una cura da cavallo, con taglio dei costi per 150 milioni, e a farne le spese sono stati stipendi, marketing e una sforbiciata al reparto ricerca e sviluppo. Intanto la base degli utenti non aumenta. Gli analisti, in sostanza, temono si tratti di un fuoco di paglia.

Jack Dorsey, fondatore di Twittter

Jack Dorsey, fondatore di Twittter

E’ strano come una delle società che più ha improntato il nostro stile di vita – basti pensare al termine “hashtag” e all’uso del tasto cancelletto, che usavamo solo per ricaricare i cellulari  – non riesca a decollare. L’idea è stata geniale; ma monetizzare è un altro discorso. Twitter sfondò nel giugno 2009, quando fu ampiamente utilizzato da giornalisti e manifestanti per “coprire” la rivoluzione verde in Iran. Fu subito chiaro che si trattava di un formidabile strumento di comunicazione: senza fronzoli, costringeva alla sintesi. Con il tempo, è diventato il medium preferito dai personaggi in vista –  anche il Papa ha un account – e un termometro sensibile degli umori della gente. Ma il suo pubblico è più elitario, e quindi meno appetibile per le aziende che fabbricano prodotti di largo consumo, rispetto a quello di Facebook. Inoltre, il tempo passato sulla piattaforma è scarso.

La virata per cercare di portare per la prima volta in utile la compagnia comprende il passaggio da 140 a 280 caratteri e un incentivo all’uso dei video. L’esperienza di oggi è leggermente differente rispetto a quella degli esordi; sicuramente, più coinvolgente. Ma nel frattempo è arrivata la concorrenza, ed è difficile immaginare che gli utenti si dividano su più piattaforme di quante –  e sono molte – già ne usano. Più probabilmente, faranno una scelta. E la creatura di Jack Dorsey resterà quello che è sempre stata: uno strumento “posh”. I soldi, quelli veri, andranno da un’altra parte.

@apiemontese

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