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La “nuova Napoli” post scudetto è già vecchia

Qualche giorno fa ho scritto un post su Napoli, chiedendomi che futuro avrà la città, se sarà l’ennesimo caso di gentrification e grandi eventi o riuscirà a proporre – meglio, a essere capofila – di un modello diverso di sviluppo, ora che è sulla cresta dell’onda. Mi aspettavo fosse necessario qualche mese, forse qualche anno per capirlo, e chiamavo in causa la politica, che dovrebbe governare certi fenomeni, senza limitarsi a spingere semplicemente sull’acceleratore. Invece non ci è voluto molto: la risposta si trova in queste dichiarazioni programmatiche del sindaco Manfredi (le trovate nelle due foto qui sotto). Napoli, dice, “inizia a essere città globale, guida dei Sud del mondo“. A me sembra roba da neuro, talmente populista da essere una macchietta. E non solo perché Napoli si trova indiscutibilmente a nord, del mondo.

Anche il resto delle affermazioni del primo cittadino è un inno alle worst practices globali (uso l’inglese manageriale in chiave ironica), un copia e incolla da Milano, che a sua volta copia e incolla da Barcellona, che copia e incolla da chissà chi. In una parola: grandi eventi, dalle dubbie ricadute sul territorio.

Tra un concerto dei Coldplay e uno di Bono, spiace rovinare la festa: ma chiedetevi a chi andranno i soldi che gireranno all’improvviso. Domandatevi se creeranno sviluppo umano in una città che ha bisogno di crescita diffusa, o incancreniranno le differenze, confermeranno i ghetti, alimenteranno ancora una volta appetiti puzzolenti e illegalità.

Pare che, di fronte all’abbondanza, la ragione abbia perso anche questa volta. Eppure, lo scudetto sarebbe stato un bel momento per fare dichiarazioni – queste sì, rivoluzionarie – diverse dal solito campionario trito e da parvenu (tranquilli, anche Milano lo è, in questa corsa alle metriche). Perché leader sono coloro che sanno dare voce al disagio. E sono capaci di andare controcorrente.

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