economia

No exceptions rule

Ogni tanto mi capita di rendermi conto – come accade un po’ a tutti – di quanto la burocrazia sia in grado di rallentare l’erogazione di permessi, autorizzazioni e altri documenti che spesso abbiamo assolutamente diritto di ottenere.

Mi piace pensare che sia lo scarso senso civico della popolazione a costringere lo Stato a infarcire le pratiche di formulari, autorizzazioni e controverifiche. Ma ovviamente non è tutto qui.

Guardate cosa accade nelle fiere italiane, ad esempio quella di Milano. Ingresso complicato, orari rigidi, la mancanza di un documento –  a volte, semplicemente, capita di scordare il portafogli – può diventare un problema insormontabile e rovinare mesi, se non anni di lavoro. Assurdo, per chi è abituato a seguire le regole. Ma si sa, chi è onesto paga il costo della furbizia altrui.

Per capire quanto  questo meccanismo ci costi in termini di reputazione, riporto un episodio recente.  Un imprenditore ben vestito che aveva acquistato uno stand in Fiera  e aveva tutti i diritti di accedere alla manifestazione non aveva effettuato la registrazione obbligatoria. Fermato ai cancelli, gli viene consigliato di chiamare in ufficio e risolvere la questione online con una procedura molto semplice.  

Il francese, però, non sente ragioni. L’impiegato, che poi ero io, medita un’eccezione, nonostante l’arroganza del tizio. In fondo, si tratta di un uomo venuto in Italia per fare affari.

Poi però guarda gli altri in fila dietro di lui: nordafricani, romeni, polacchi, vestiti male ma tutti col foglio in mano e i permessi in regola.  Alla fine, preso dal rimorso, gli nega l’autorizzazione e lo invita a collegarsi al sito per completare la procedura.

Non l’avesse mai fatto. Scoppia il pandemonio. Il “galletto” di fronte al rifiuto si imbufalisce. Ma come? Nessuna eccezione, proprio in Italia? Viso arrossato, collo all’infuori, chiede sbraitando  nomi e cognomi, fino alla classica domanda: “Quanto vuoi?”, declamata sventolando un portafogli aperto.

Ammetto che a quel punto non ci ho visto più. Perdo le staffe anch’io, e minaccio di chiamare i carabinieri se prova a ripetere un’offerta del genere, indicando la caserma di fianco per far capire che davvero non sto scherzando.

L’epilogo è fortunatamente migliore delle premesse. L’imprenditore svogliato – perché di svogliatezza si trattava: bastava telefonare alla segretaria – trova il modo di registrarsi e io gli rilascio il permesso.  Avanti un altro. Dopo torna pure a scusarsi.

Ma a me resta l’amaro in bocca per tutta la mattina: cosa pensano di noi all’estero? Sarebbe successo in Francia, in Svezia, in Spagna, paesi non certo noti per la corruzione?

Pensiero impopolare: per sbagliate che siano, le regole ci sono. Dura lex sed lex, scriveva  Cicerone. Si può pensare di cambiarle, non di applicarle a proprio piacimento.

Capisco che la cecità della burocrazia sia spesso  causa di guai evitabilissimi, ma ho l’impressione che nel medio periodo – ci vuole un po’ di tempo – l’atteggiamento pagherebbe, soprattutto in un paese come l’Italia, dove le eccezioni sono diventate la regola. La “no exceptions rule”, chiamiamola così alla Renzi, metterebbe tutti in fila. Un guadagno inimmaginabile.  E non solo in termini di reputazione.

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