Rastrellano mascherine e amuchina, nel migliore dei casi per amici e conoscenti. Nel peggiore, per rivenderle a prezzi esorbitanti sul web. La paura del coronavirus non ha scoraggiato gli sciacalli. Anzi, li ha stanati, come sempre accade in casi del genere.
Ma se la Rete è un far west, c’è anche chi, in barba a ogni deontologia, propone gli articoli del momento a prezzi incredibilmente alti nelle farmacie.
Fino a qualche giorno fa, i disinfettanti campeggiavano in bella vista tra le corsie dei supermercati. Pochi acquisti, la paura sembrava lontana. Nella notte tra giovedì e venerdì cambia tutto. I primi casi in Italia, le prime vittime, soprattutto, hanno dato il via alla corsa al negozio. Nel giro di poche ore diventa impossibile trovare un flacone di disinfettante in tutta Milano, Lodi e provincia.
Le bottigliette sparite dagli scaffali riappaiono sul web, su siti di tutti i tipi, non esclusi eBay e Amazon. Quattro flaconi a 109 euro, quando di solito si pagherebbe attorno ai 20, tre a 150. Prezzi folli, che però qualcuno, in preda al panico, è disposto a pagare. La Procura di Milano ha aperto un’indagine.
Discorso analogo per le mascherine. Il passaparola (fondato) spiega che ne esiste una tipologia che offre un minimo di protezione: quelle con la sigla Ffp3, modello da lavoro che si utilizza in ambienti contaminati da polveri sottili. Non per niente sono vendute in ferramenta e colorifici. Meno utili le Ffp2.
I prezzi per una scatola da dieci variano tra i 40 ai 70 euro in ferramenta (4 o 7 euro l’una). Sabato era praticamente impossibile trovarle a Milano, dal centro alla periferia. Abbiamo percorso la città in lungo e in largo senza esito.
Il giorno dopo sono riapparse online. Dove, vendute singolarmente con la dicitura “ultimo esemplare”, erano (o meglio, sono) distribuite anche a 49 euro al pezzo, più 19 euro di spese di spedizione, persino da utenti con tanti feedback, e quindi ritenuti affidabili.
Nella nostra breve inchiesta abbiamo scoperto un altro fenomeno. Qualcuno racconta di come ai primi di gennaio ne abbia fatto incetta per spedirle in Cina. “Sì, ne ho prese circa 300 da spedire a Shanghai a mio fratello, dove sono introvabili” racconta una signora che incrociamo in una delle tante utensilerie milanesi prese d’assalto , alla ricerca (vana) di qualche altro pezzo per sé ora che il virus è arrivato in Italia.
Qualche commerciante spiega proprio con l’invio in Asia la scarsità di questi giorni. Così funziona il mercato, del resto.
Discorso diverso quando a cambiare i prezzi – al rialzo – sono le farmacie, dove chi serve dietro il bancone deve per legge essere iscritto a un ordine professionale, ed è vincolato a precisi obblighi deontologici. Come quella a Milano, città in preda all’ansia da giorni. Zona Wagner, uno dei salotti della città: sabato pomeriggio, prodotto già esaurito. Chiediamo quando arriveranno. “Lunedì”, la risposta. Il costo? La dottoressa, spilla ben appuntata sul camice bianco, abbassa lo sguardo per un attimo. “Quattordici euro”.
Qualcuno, sottovoce, dà la colpa ai grossisti per il rincaro. La nostra verifica parrebbe dare esito differente.
Contattiamo un imprenditore che lavora nel settore. “Non mi risultano aumenti da parte loro”. Proseguiamo il giro di chiamate. “Non posso certo confermare i rincari – spiega una farmacista brianzola che preferisce non essere citata – . Dal mio punto di vista, e per quello che ne so lavorando quotidianamente con grossisti e aziende, si tratta semplicemente di speculazione. Nessuno di questi soggetti aumenterebbe mai i prezzi delle mascherine in un momento come questo: troppo grande il danno di immagine, e poi ci sono i controlli. Ad aumentare sono i singoli esercenti”.
Idem dicasi per il gel disinfettante. “Abbiamo venduto 400 pezzi da venerdì a oggi, un record. Finite le scorte, abbiamo ordinato le materie prime per cominciare a prepararlo noi, in negozio, cosa che di solito non facciamo, dopo aver visto l’escalation dei prezzi. Per una farmacia dotata di laboratorio è piuttosto semplice” assicura. Sicura che i prezzi non siano cambiati? “Si, le mascherine con filtro Ffp2 costano 6 euro al pezzo, le altre qualcosa in più. Non sono più disponibili, ma credo che dalla prossima consegna le venderemo a prezzo ridotto”. Addirittura? “A dirla tutta, oltre, alla deontologia, anche da un punto di vista commerciale non modificare i prezzi è la cosa più intelligente. Si guasterebbe il rapporto di fiducia con i nostri clienti”.
Discorso che, probabilmente, non vale per le zone di passaggio, dove non c’è fidelizzazione. Stazioni, piazze di grandi città, luoghi di transito dove le persone temono di poter essere contagiate, ma anche centri commerciali. In caso di dubbio, la nevrosi spinge ad apire il portafogli senza fiatare contando sulla serietà di chi c’è dietro il bancone. Non sempre la fiducia è ben riposta.
Le notizie deprimenti si rincorrono. E non sono, purtroppo, solo quelle relative al contagio. Non bastassero la paura e il dolore per le vittime, gli sciacialli del coronavirus hanno cominciato a citofonare agli anziani, presentandosi a nome delle Asl per effettuare test diagnostici. Tutto finto, avvertono le autorità: i sanitari arrivano solo se chiamati. Bisognerebbe rivolgersi al 112, se le linee del numero unico – utilizzato per segnalare i casi di sospetto contagio – non fossero già intasate.
I malviventi, bontà loro, sono arrivati persino in ospedale. Pare che in un nosocomio del comasco siano sparite intere confezioni di mascherine. Un fenomeno, quello dei furti, non nuovo, raccontano i medici. Coinvolgerebbe anche attrezzature ben più costose, come le testine degli ecografi, valore svariate migliaia di euro. Destinazione? Questa volta preziosi device non riapparirebbero sul web. E dove, allora? Sorpresa: nelle stanze di insospettabili studi privati.