Accetta di raccontarmi la sua storia, ma prima mi dice di aspettare. Tira fuori un cracker e lo lancia ai piccioni di piazza Duomo. Gli uccelli, abituati ai chicchi di mais gettati dai turisti, si avventano tutti assieme sulle poche briciole da spartirsi.
L’immagine funziona. Vagano per le strade del centro, raccogliendo rifiuti dai bidoni della spazzatura, bevendo birra da lattine lasciate da chissà chi. Oppure restano seduti, aspettando offerte che non arriveranno. Sono i senzatetto di Milano, gli invisibili di una città che correva e, tutto sommato, aiutava.
Wilmer e sua moglie abitano qui, nel salotto buono della città, da quattro anni (guarda il video). Lei è disabile psichica al cento per cento, lui si è venduto il cellulare l’altro giorno per sfamarsi.
L’emergenza Covid è anche la loro, perché sono rimaste le briciole. Di solito ci pensano i volontari delle tante organizzazioni. Ma in questi giorni, mi spiega, l’attività di supporto si è ridotta. Probabilmente, a causa dei servizi attivati per distribuire pasti e medicinali a domicilio. Restare a casa, ma una casa non ce l’hanno. Immagino che qualcuno commenterà: cazzi loro. Resto dell’idea che sono anche cazzi nostri.
Che questa crisi abbia anche un risvolto sociale lo ha sottolineato ieri Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana.
“Esiste già un secondo fronte: accanto a quello sanitario ce n’è uno sociale. C’è anche chi ha già visto peggiorare la propria condizione economica già al limite della sussistenza – ha spiegato all’agenzia SIR – Ci sono colf e badanti, assunte in nero, che hanno perso i loro clienti e ci chiedono un aiuto maggiore”.
“Dobbiamo iniziare a prepararci sin da ora ad affrontare la crisi sociale che sta esplodendo dentro questa emergenza sanitaria – ha ripreso Gualzetti – Già adesso ci sono categorie più colpite: dai senzatetto a chi va avanti con lavori saltuari. Ma presto arriveranno ai nostri centri di ascolto tutte quelle persone che non potranno usufruire delle misure di protezione che il governo si appresta a mettere in campo, dalla cassa integrazione in deroga ai congedi familiari. Saranno loro a pagare il costo sociale più salato a questa crisi. Anche se fino ad ora se ne parla ancora poco”.
Ed è vero, se ne parla poco. Chi lavora nel silenzio sono gli avvoltoi, non solo quelli delle farmacie senza scrupoli. Dai “compro oro” che hanno riempito la città di pubblicità a chi rastrella case sul mercato immobiliare, che vive un brusco stop delle compravendite in quello che era diventato il paese dei balocchi. Il Movimento Cinque Stelle proponeva (sensatamente) di fermare le aste giudiziarie perché oggi, ad essere interessati agli acquisti, sono solo gli speculatori.
A Milano in centro non c’è nessuno o quasi per strada.
Il problema sono le periferie, gli anfratti. Viale Monza è deserto, ma basta infilarsi nelle stradine laterali e lo scenario cambia. Lungo la Martesana tra runners, passeggiate col cane, quattro passi con l’amica, il bimbo che deve uscire e i venti gradi primaverili oggi sembrava domenica pomeriggio. Pare che anche sul Monte Stella ci fosse il pienone.
Ci si è messa anche ATM, che ha improvvidamente ridotto le corse: risultato, sui primi treni del mattino, quelli dei pendolari, un affollamento da ora di punta.
Sta entrando in gioco il nemico più pericoloso. La frustrazione. Per ora Milano tiene, ma siamo all’inizio. È probabile che il tre aprile le misure siano prorogate. Oggi in città i casi sono 1.091, 127 in più di ieri. Il problema è che nelle statistiche finiscono solo i positivi sintomatici. Ma in casa c’è molta gente che il virus ce l’ha e non è conteggiata.
Nelle piazze si raccolgono tante persone, passatemi il termine, scazzate. Sole. Senza prospettive. La città sta diventando una grande galera. E la cosa peggiore che può capitare in carcere è una rivolta dei detenuti.