In questi giorni di donazioni e donatori, mi viene da pensare che è facile – certo, anche costoso, quando l’assegno staccato è da dieci milioni– sentirsi più buoni. Ma, come dice il proverbio, se dai un pesce a un uomo mangerà un giorno, se gli insegni a pescare lo sfamerai tutta la vita.
Finita l’emergenza l’economia dovrà ripartire. Ma credo che la generosità nei confronti del Paese debba manifestarsi in un lasso di tempo più lungo, e, soprattutto, che allo sforzo debbano partecipare tutti. Piaccia o meno.
I soldi non può metterceli solamente lo Stato, indebitandosi e scaricando il peso della crisi sulle generazioni future. Toccherà a tutti rinunciare a qualcosa, in proporzione a quanto posseggono, e darsi da fare per ripartire.
Vanno incentivate le attività produttive, non patrimoni e rendite. Se anche ci fosse un prelievo forzoso dello “zero virgola” e una tassa di emergenza su seconde, terze e quarte case non ci vedrei nulla di male. La vita e il sistema economico distribuiscono senza equità, spetta ai governi correggere le storture.
Dubito che un pensionato con la minima si lamenterebbe se gli prelevassero cinque euro (l’uno per cento) dal conto corrente per aiutare chi ha ancora meno. Forse perché conosce la fame. Perché lo stesso discorso fa storcere il naso a parecchi che poveri non sono? Su certa stampa sento parlare di “furto”. Rimango basito.
I denari raccolti, naturalmente, non vanno sprecati. Dovranno servire a investire in ricerca, istruzione, riqualificazione professionale, infrastrutture: roba che fa crescere sul lungo periodo, e non certo solo a dare sussidi, pur sacrosanti in certuni casi.
Un po’ di aggiornamento professionale farà bene a tutti, e serve anche al Paese. Linea dura: chi si tira indietro è fuori da tutto.
Vi piace questo discorso? Bene. Ricordatevene quando il prossimo venditore di tappeti proverà convincervi che esistono soluzioni semplici a problemi complessi. Ripartire non sarà facile, ma certo non è impossibile sfoderando un’arma preziosa a tutte le latitudini, il senso della comunità a cui tutti, nessuno escluso, apparteniamo.
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A Milano, intanto, i contagi non diminuiscono ed è arrivato il caldo.
La primavera prende a mostrarsi sugli alberi, le nuove spiagge sono i balconi.
Alle spalle c’è un inverno che non è stato inverno, di fronte c’è un’estate che non sarà estate. Poco male, anche questa è vita. Ma il valore di un giorno dipende da quanti ne hai davanti. Non è lo stesso per gli anziani, non è lo stesso per i malati. Ho letto di sei pensionati beccati a giocare a carte in un bosco nel Varesotto. Non è la cosa giusta da fare, ma vanno compresi. Cerchiamo di essere indulgenti con le debolezze altrui: la ruota, prima o poi, gira. Per tutti.