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Calati iuncu

Non è come sembra, dice il marito trovato a letto con l’amante. Innumerevoli film della commedia sexy all’italiana su questa litania hanno fatto fortuna. Ma, per chi amasse riferimenti più colti, torna ancora una volta utile il milanese Alessandro Manzoni, con il dottor Azzeccagarbugli dei Promessi Sposi (duecento anni fa, quattrocento nella finzione): uno che annegava nel latinorum, un intruglio di parole con l’obiettivo di non far capire nulla ai malcapitati clienti e ai giudici. Spieghiamo.

In sostanza, l’immobiliarista Manfredi Catella e gli altri indagati nell’inchiesta sulla suburra dell’urbanistica meneghina si difendono (chi con memorie scritte, chi nel corso di audizione ) disseminando dubbi, facendo distinguo riguardo alle chat messe agli atti. Non è come sembra, sostengono tutti assieme. Così, in questa narrazione, le parole intercettate dai magistrati diventano poca cosa, chiacchiere informali tra conoscenti.
Ma in altri ambiti, distanti dall’urbanistica lombarda, quando si discute di questioni scomode si prendono certe precauzioni: si parla solo in presenza e ,quando lo si fa, non manca chi lascia il cellulare nell’altra stanza. Essere lassi al riguardo tradisce l’idea di sentirsi all’interno di una bolla dove nulla di male può accadere. Perché Roma ha assegnato a Milano il ruolo di locomotiva del pil italiano, un mandato ampio, tanto più dopo la crisi di inizio millennio: e il lavoro sporco qualcuno deve pur farlo. Tanto poi le cose si sistemano.

Nei tribunali non si fa giustizia: si applica la legge. Ed è per questo che le norme a Milano hanno cercato di scriverle da sé , arrivando a far votare al Parlamento un salvacondotto fortunatamente bloccato.

Con queste premesse, vedremo cosa dirà l’esame dei magistrati. Quello politico, però, è altra cosa. Si può evitare la galera, che peraltro è da poveracci: ma non il giudizio della Storia. E quello difficilmente sarà clemente. Una generazione di architetti, amministratori e faccendieri merita di essere allontanata dalla cosa pubblica: ed è strano che debba intervenire la magistratura per ricordarcelo. È strano che la gente abbia dato forma ed espressione alla propria rabbia solo dopo le inchieste della procura, come se prima fosse stata avviluppata dalle narrazioni marchettare all’americana, per cui “vivi in una città che offre tutto quanto si possa desiderare”, e se non ce la fai a tenere il passo “è solo perché non ti sei impegnato abbastanza”. È strano che a protestare contro l’andazzo del capoluogo lombardo fosse solo una ristretta cerchia di – chiamiamoli così – intellettuali, mentre gli altri, il popolo, si rifugiavano nel non voto, segno di una sfiducia ormai cronica verso il sistema. Come gli adolescenti che si chiudono in camera perché non si sentono compresi dagli adulti, e non hanno speranza di esserlo. L’adolescenza poi passa, di solito, e ci si prende la responsabilità della propria vita: è quello che c’è da augurarsi anche per Milano. A volte serve un supporto esterno: uno psicologo , un insegnante, un prete, ed è questo il ruolo della stampa. Ora che la questione è posta, non deve farsi irretire ancora una volta dai quattrini dei costruttori (Catella ha visto aperture, interviste e titoli accomodanti su troppi giornalini e giornaloni durante il suo regno). Perché il nostro non è e non sarà mai un popolo equilibrato; saremo sempre tentati parimenti dall’esaltazione e dalla forca; e in questo scenario, navigare fuori dalle acque tempestose non è facile. Tradotto: non facciamola finire in una bolla di sapone. Il potere di condizionamento di certi soggetti è suadente. E fra poco, passata la buriana e caduta qualche testa, ricominceranno a comprarsi le copertine, secondo i dettami della “comunicazione di crisi”, che ricalca il detto siciliano: calati juncu, che passa la china (piegati giunco, intanto che la tempesta passa ).

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Una risposta a "Calati iuncu"

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