Primo maggio, festa dei lavoratori. Per rispetto nei confronti della tradizione, ma anche per la stanchezza post-trasferta a Roma dei giorni scorsi, ripubblico (con un leggero editing) una mia intervista uscita su Monza Today nel 2013. Protagonista Frieda Brioschi, per quasi un decennio presidente di Wikimedia Italia. Grandissima esperta di web, nel corso del colloquio mi ha offerto il suo punto di vista su Internet e le possibilità ancora da esplorare. Sfatando un mito. Secondo Frieda, chi ha qualche anno in più sa usare questo medium meglio dei giovani. Una prospettiva interessante da parte di una persona che la Rete “l’ha fatta”, letteralmente. Buona lettura.
Milanese di nascita, brianzola di sangue: Frieda Brioschi tradisce le origini nel cognome. Sveglia, intelligente, pensa veloce ed è sempre un passo avanti. Nel 2003 comincia ad usare Wikipedia da semplice utente, nel 2005 con alcuni amici fonda Wikimedia Italia, diventandone presidente. Per capirci: quando non sapete qualcosa, è a lei che vi rivolgete nove volte su dieci.
Buongiorno Frieda, innanzitutto: cos’è Wikimedia Italia?
E’ un’associazione culturale no-profit che si occupa di fare promozione in Italia per i progetti di Wikimedia Foundation, tra cui Wikipedia, wictionary, wikinews… in tutto sono dieci.
Hai cominciato da utente, poi hai cambiato ruolo.
Si, è così. Su Wikipedia si potevano modificare le pagine, l’attrattiva era questa. L’unico posto dove potevi scrivere su internet nel 2003 erano i forum, in cui però c’era pur sempre un amministratore. Di Wiki mi ha colpito il fatto che, invece, si poteva agire online “direttamente”, senza mediazioni. Il progetto italiano era veramente piccolo e c’era molto da fare: è stato questo a farmi scattare qualcosa dentro.
Partiamo dall’inizio. Che studi hai fatto?
Ho studiato informatica.
Avrai scritto di quello, immagino.
Ho iniziato scrivendo di Alan Turing e alcune voci correlate. I wikipediani molto attivi scrivono in generale di ciò che conoscono meglio. Io in realtà, dopo la fase iniziale, ho cominciato a scrivere molto poco e a occuparmi sempre più della sistemazione delle voci inserite da altri.
Un ruolo, per così dire, da redattrice.
Si qualcosa del genere, per quanto la parola “redattrice” possa avere significato su Wikipedia. All’epoca era questione più che altro di dare una formattazione corretta ai contenuti.
Poi arriva il 2005.
Si. A metà dek 2003 nasce Wikimedia Foundation, la “madre americana”, nel 2004 è la volta di Wikimedia Deuscthland, mentre nel 2005 Wikimedia France. Poi siamo arrivati noi.
Dopo 8 anni che bilancio faresti?
Direi che abbiamo lavorato bene finora!
Wikipedia è considerata molto affidabile, e ha guadagnato questa reputazione grazie al procedimento di revisione che ricorda la peer review universitaria. C’è un controllo a monte, oppure è veramente tutto merito della partecipazione degli utenti?
Il controllo delle voci avviene su base volontaria: non è organizzato, e può farlo chiunque ne abbia voglia. Si tratta di una revisione “distribuita” anche a livello di compiti: c’è chi controlla l’italiano, chi le categorie…ripeto, tutto esclusivamente su base volontaria.
Diamo qualche numero. Quanti sono gli utenti registrati di Wikipedia in Italia?
Sono quasi 900 mila, di cui 8mila attivi (quelli che hanno fatto qualche modifica negli ultimi giorni, ndr).
Quante voci ha Wikipedia in generale, e quante in italiano?
In totale, 37milioni 700mila voci nelle 285 edizioni. Quella italiana ne ha 1mln 35 mila.
E le forme di finanziamento? Chi ci mette i soldi?
A livello globale l’ultima campagna di raccolta fondi puntava a 30 milioni di dollari: li abbiamo raccolti tutti. A livello nazionale, però, facciamo raccolta fondi indipendentemente da Wikimedia Foundation. In Italia, l’ultimo bilancio preventivo è di mezzo milione di euro. Ogni anno non sappiamo se ce la faremo o no. Wikimedia Foundation ci aiuta dall’alto lanciando un campagna pubblicitaria comune sul sito che serve da traino, ma poi ognuno fa da sé. Ormai c’è gruppo di donatori che abbiamo fidelizzato, oltre ad esempio a chi ci dà il 5 per mille sulla dichiarazione dei redditi. Su alcuni progetti specifici, poi, abbiamo degli sponsor. Insomma, di volta in volta vediamo cosa riusciamo a combinare… ma quest’anno gli sponsor non fioccano, mettiamola così.
Parliamo un po’ di te. Presidente di Wikimedia, docente allo IED, consulente. C’è altro?
La mia professione è innanzitutto quella di consulente. A Wikimedia sono volontaria, mentre allo IED ho tenuto un corso sulle start-up solo perché ho gestito il progetto Kublai dedicato agli aspiranti imprenditori per conto del ministero.
Il boom di Wikipedia è cominciato proprio negli anni della crisi. Quanto ha influito, e come, a tuo giudizio?
La crisi si è sentita anche noi. Sono diminuiti leggermente gli importi delle donazioni, soprattutto da parte delle aziende. Nel contempo, però, siamo diventati più bravi a raccogliere fondi, aumentando il numero dei donatori. Un dato, questo, che è emerso anche dalla campagna madre di Wikimedia Foundation.
Una nota positiva che sottolinea l’importanza del fundraising per le attività come la vostra. Parliamo di web, adesso, e della tua visione. Che ruolo ha, o potrebbe avere, oggi la Rete per lo sviluppo delle imprese?
Internet è un incredibile strumento di informazione. Nella fase di formazione di un’impresa ha una sua utilità, innanzitutto perché permette di capire chi sono i tuoi concorrenti e di valutare il loro livello tecnologico: e questo non non solo rispetto all’Italia ma a tutto il mondo. In secondo luogo, può essere d’aiuto perchè lavorando online si possono trovare partner che non sono necessariamente “vicini di casa”. Dall’altra parte, però, se vuoi farti conoscere online devi mettere in conto di fare una campagna di comunicazione dedicata e piuttosto complessa: le imprese online oggi sono tante e riuscire a farsi trovare è complicato.
Perché è importante esserci, anche se non hai un’impresa tecnologica?
Perché le persone ormai cercano tantissimo su internet. Il concetto è: se non lo trovo su Internet, non esiste, e invece ci sono tanti settori poco presenti.
Ad esempio?
Ci sono poche start-up che si occupano di design, come mi hanno fatto notare i miei studenti.
Come giudichi la capacità italiana di usare il digitale? Ha ancora senso parlare di digital divide? E le infrastrutture?
Abbiamo sempre dei margini di miglioramento, ma mi viene difficile fare un bilancio. Un paio di anni fa aveva senso parlare di un ritardo. Il digital divide oggi lo si vede meno; aggiungi che la situazione è abbastanza disomogenea, e capirai che è difficile tracciare un quadro in generale. Anche perchè a volte ci sono aree geografiche, in Italia e all’estero, che “saltano” uno o più passaggi del processo di sviluppo classico. E’ un esempio estremo, ma mi raccontavano che a Dakar la popolazione è passata dal non avere contatti alla tecnologia ad avere il cellulare. Il tutto senza fasi intermedie…
Futuro significa anche giovani. Che consiglio daresti, dal tuo punto di vista, a un ventenne di oggi? Studiare, cercarsi un lavoro? Specializzarsi in informatica?
Il mio consiglio è di fare quello che ci si sente, seguendo le proprie inclinazioni. Internet, poi, può ovviamente dare una mano. Secondo me è uno strumento tutto da esplorare: ma la mia impressione è che chi ha visto nascere il web continui a saperlo usare meglio di tutti questi “nativi digitali” che ne vedono pochissimo le potenzialità. Loro dicono: non so una cosa, cerco su internet. Ma su internet succedono delle cose: non è semplicemente uno strumento di consultazione o un luogo dove vedere gli amici perché “ho una chat a disposizione”.E’ un luogo dove creare delle cose, delle conoscenze, condividere delle opportunità. Usarlo bene comporta dei vantaggi.
Siamo alla fine. Chiudiamo con una nota personale. Come sei finita in Brianza, e ad Arcore per la precisione?
Colpa dei nonni e del papà, che sono di Arcore! E’ stato mio padre a riportarci tutta la famiglia.
Last but not least: sei incinta, quando nasce?
Fra una settimana!
Tanti auguri, Frieda.
(6 giugno 2013)
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